domenica 23 ottobre 2011

Congresso regionale MFE Lazio

Comunicazione inviata ai delegati del congresso regionale MFE Lazio previsto per venerdì 14 ottobre in Roma.


Cari amici,

improrogabili impegni istituzionali mi trattengono qui alle pendici "de li Castelli". Prego di volere presentare le mie giustificazioni a tutti i federalisti che si riuniranno per il congresso regionale Lazio.

Con l’occasione vorrei però condividere con voi qualche riflessione, tanto di ordine politico che organizzativo, ma andiamo per ordine.

La crisi economico finanziaria su scala globale sta mettendo drammaticamente in evidenza l’intrinseca debolezza del sistema comunitario; una tecnostruttura priva ormai di qualsiasi capacità propulsiva. Sessanta anni di integrazione europea hanno segnato sviluppo, crescita economica e benessere diffuso, in un clima di sostanziale pacificazione, ma i risultati raggiunti non sembrano più sufficienti a fare argine alle sfide del futuro.

Quando persino il Brasile si dichiara pronto a venire in soccorso alle debolezze strutturali dell’Unione monetaria o, per contrasti tra gli atteggiamenti enfaticamente dirigisti dell’accoppiata franco/tedesca con la truppa sparsa di tutti gli altri stati membri, si rimanda il previsto Consiglio europeo (senza alcuna ripercussione negativa sugli indici di borsa), vuol dire che ci troviamo di fronte all’orlo del baratro, dove nulla è più escluso, nemmeno la dissoluzione dell’Euro.

In tale prospettiva, anche il ruolo dei federalisti trova soventi contraddizioni che si palesano in inconcludenti atteggiamenti riformistici. L’idea che sia possibile superare la crisi economica con soluzioni tecnico finanziarie, è una pura illusione; soluzioni, tra l’atro, sempre più incomprensibili al cittadino medio. L’opinione pubblica europea si sta progressivamente allontanando da quella sorta ci ceca fiducia europeista che ha alimento il processo di integrazione a carattere puramente funzionalista.

Pur in presenza delle non democraticità del sistema comunitario, gli europei, nella buona maggioranza, hanno riposto sempre speranza nel processo di integrazione nella misura in cui, solo funzionalmente, tale prospettiva garantiva un netto miglioramento delle condizioni economiche generali, ed in particolari di quelle dei lavoratori e del ceto medio. La crisi economica globale ha messo in crisi tale elemento di consenso, e con esso lo stesso approccio funzionalista che ha, di fatto, esaurito la sua spinta propulsiva.

Anche la recente iniziativa del MFE sull’ICE, in tema di piano europeo di sviluppo, mostra tutta la sua inadeguatezza. Essa non introduce alcun elemento nuovo nel dibattito politico. Tutti parlano di piano di sviluppo, e da anni, ad iniziare da Barroso che ritiene di essere già egli stesso il miglior governo a cui l’Europa possa aspirare. Vista l’inconcludenza degli stati nazionali, ostaggi persino del recente veto slovacco sull’ampliamento del fondo salva stati, anche il Presidente della Commissione appare un illuminato statista. Non solo. L’iniziativa prospettata, tutta in punta di un indigeribile dirigismo finanziario, sostiene l’introduzione di nuove tasse (la carbon e quella sulle transazioni finanziarie – tra l’altro di dubbia applicazione entrambe) non sostitutive, ma aggiuntive ad un opprimente sistema fiscale che sta raggiungendo livelli intollerabili per qualsiasi competitiva economia di mercato.

Gli stati europei, oggi come mai in passato, hanno la responsabilità storica, di costruire una compiuta Federazione europea, ponendo senza ambiguità la questione della fondazione dello Stato sovrannazionale dotato di proprio bilancio. Tale bilancio andrà alimentato certo di risorse proprie, ma con un sistema di tassazione in parte sostitutivo di quello nazionale. I grandi settori di intervento, dove sicuramente è possibile ottenere economie di scala, sono quella della politica di difesa, della ricerca scientifica (di base ed applicata), delle politica energetica e delle grandi reti infrastrutturali. In parole povere, è la questione tutta politica della cessione di poteri sovrani alla nuova struttura continentale che i federalisti dovrebbero tentare di imporre nel dibattito in corso, anche attraverso l’uso di iniziative a valore tattico, non altro.

In tale prospettiva, la definizione di un nucleo di avanguardia degli stati su cui far gravare la responsabilità storica del destino del vecchio continente è assolutamente emergente. Non c’è alternativa ad un nuovo percorso che conduca alla costruzione di una piccola Federazione, nella più grande Unione, con la definizione di nuovi trattati ponte che possano regolare la vita delle due strutture sovrannazionali. Forse un obiettivo al momento impossibile? Forse nella vecchia e cara Europa si è ormai chiusa la finestra di opportunità per la creazione della Federazione? Forse, forse, ma il ruolo di un movimento di avanguardia non può fossilizzarsi in un inconcludente europeismo di maniera che può interessare solo il ruolo e il prestigio di chi lo propugna. Un vecchio adagio recita: il cane con l’osso in bocca non solo non morde, ma non abbaia nemmeno. Temi di grande complessità, che sicuramente non possono trovare adeguata rappresentazione in queste poche righe.

Ma passiamo agli aspetti organizzativi, anche se su questi non vorrei tediarvi eccessivamente. Mi pare abbastanza evidente che a scapito del Centro regionale Lazio del MFE (organizzazione eminentemente politica) ci sia l’intenzione di riproporre un approccio tutto aziendalista al federalismo. Il documento fatto circolare recentemente è lì a dimostrarlo. Progetti, flussi finanziari, militanti da pagare adeguatamente alle responsabilità richieste, promesse non mantenute, conflitti, consenso basato sull’interesse e non sull’intima convinzione. Questa deriva, già conosciuta negli anni passati, e di cui faccio fatica a parlare in quanto mi ha visto inconsapevole protagonista, l’abbiamo già vista e rivista. Per carità, anche io riconosco le mie colpe, ma sbagliare è umano, certo, ma perseverare no, è diabolico.

A ciò si aggiunga che a livello regionale e nazionale tale nascente sovrastruttura in pieno stile non profit (di qui l’originale convocazione di un congresso politico in seconda), potrebbe essere utilizzata a fini di puro collateralismo politico all’interno del centro sinistra e del Partito democratico in particolare, anche nella prospettiva di una o più presenze federaliste alle prossimi scadenze elettorali. Interessi e protagonisti non lasciano presagire altro. Tentativo legittimo, ci mancherebbe, ma che avendo già fallito nel passato non potrà che trovare la mia ferma e decisa opposizione all’interno del nostro Movimento. Mi si potrà obiettare che sto pensando male, certo, potrei anche sbagliarmi . Anzi, spero vivamente che le mie siano preoccupazioni infondate. Ma come ci ricordava spesso il divo Giulio, a pensar male si commette peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Ed io sono, notoriamente, un incallito peccatore.

Nella speranza che i lavori del congresso del MFE Lazio possano svolgersi illuminati dalla mite saggezza dei vecchi e dalla incorrotta volontà dei giovani, un caro saluto e a presto.

Nicola Forlani