domenica 14 dicembre 2008

Roma, dibattito del 31 maggio

Roma, 31 maggio - incontro tra militanti federalisti

Cari militanti federalisti, è sotto gli occhi di tutti come le trasformazioni economiche, ambientali, sociali e politiche che stanno influenzando l’evoluzione del quadro internazionale, europeo ed italiano, abbiano reso da un lato più urgente, dall’altro lato più difficile battersi per la federazione europea.

In questa situazione, ancora una volta, come in altri momenti cruciali della storia, occorre interrogarsi sinceramente e razionalmente su che cosa i militanti federalisti possono fare nel prossimo futuro, su come essi possono contribuire a far vivere il federalismo di Spinelli e Albertini sul terreno del pensiero e dell’organizzazione e, infine, su quali fronti e in quale quadro è possibile mobilitare le energie vive della società che percepiscono che l’Europa unita, nonostante i successi conseguiti, non c’è ancora.

Il nostro paese si sta avviando verso le elezioni del Parlamento europeo in un clima di profonda disattenzione. Anche negli altri stati dell’Unione, ed in particolare in quelli su cui ricadono le maggiori responsabilità politiche, si sta assistendo ad un progressivo ripiegamento su logiche esclusivamente interne, con un sostanziale abbandono della coincidenza tra interesse nazionale ed interesse europeo. Una prospettiva, occorre sempre ricordarlo, che ha proficuamente alimentato e sostenuto tanto la nascita quanto lo sviluppo del quadro comunitario.

Si tratta di problemi che, per la loro natura teorica, prima che strategica, richiedono momenti di elaborazione e discussione informali ed aperti.

In questa ottica, con questo spirito e con l’aiuto di tanti altri militanti federalisti abbiamo promosso, per il prossimo sabato 31 maggio, presso la sede del Movimento europeo in Roma, l’incontro di cui trovate di seguito il programma e a cui speriamo di incontrarvi numerosi.

Con l’occasione, vogliate gradire i nostri più cordiali saluti.

Maria Teresa Di Bella, Nicola Forlani

p.s.: coloro i quali vogliono inviare dei contributi scritti sui temi
proposti, possono indirizzarli a
publius@thefederalist.eu. Sarà nostra cura raccoglierli e farli circolare in
vista dell’incontro.

Campoleone, 1 maggio 2008

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INCONTRO-DIBATTITO FRA MILITANTI FEDERALISTI

Roma, sabato 31 maggio

p.zza della Libertà, 13 (metro Lepanto)

ore 10,00 Quali tappe verso la federazione europea?

coordina: Nicola Forlani

introduzioni: Salvatore Aloisio, Pier Virgilio Dastoli,

Guido Montani, Luisa Trumellini

ore 11,00 dibattito

ore 13.00 Pausa

ore 14,00 Come rilanciare il federalismo in Italia ed in Europa

coordina: Maria Teresa Di Bella

introduzioni: Stefano Castagnoli, Sante Granelli,

Edmondo Paolini, Franco Spoltore

ore 15,00 Dibattito

ore 17,00 Conclusione dei lavori

Patetica rappresentazione

di Nicola Forlani

A Parigi si sono riuniti in quattro su ventisette. Tra bandiere linde e stirate e volti gommosi ed inamidati, si è distinto un fulgido esempio di olopecia androgenica sconfitta. I soliti ben informati attribuiscono il miracolo tricologico all'esperienza e alle abilità del Ministro Carfagna.

I piccoli uomini alla testa di stati piccoli piccoli si sono impegnati a tutelare, di fronte la grande crisi internazionale, le assicurazione e le banche grandi grandi. Ma si badi bene, ognuno per conto suo. Unico impegno comune è quello al coordinamento. Bene, anzi ottimo! Ma coordinamento su cosa?

L'Europa non esiste. Gli europei sono divisi. L'Unione europea prende sempre più le sembianze di una camicia di forza dalla quale tutti tentano di liberarsi. Il patto di stabilità, unico vero strumento a garanzia dell'euro e della ricchezza dei cittadini, va stretto a tutti.

Sarkosy vuole allentare i parametri di Maastricht. I fidi scudieri governativi raccolti all'Eliseo, tutti sulla via di un inesorabile tramonto, lo spalleggiano. Un bel po' di sano debito pubblico nazionale; questa è la soluzione miracolosa.

E non si può certo affermare che l'improvvido suggerimento giunga dalla consorte Carla Bruni. L'uomo che non sopporta le donne con i tacchi a spillo ripete la solita solfa da anni. Non c'è neanché più chi lo prende sul serio.

Nella stessa aulica sede, tra sorrisi e pacche sulle spalle che non "ci azzeccavano" nulla con la difficoltà del momento, Junker, l'unico statista presente nella sala, chiarisce che tra i paesi dell'eurogruppo non è affatto all'ordine del giorno alcuna revisione dell'impegno al virtuosismo dei parametri macroeconomici.

Sarà mica andato in onda un dialogo tra sordi? E se iniziassero a tentare di coordinare pensiero proprio ed altrui con i movimenti labiali?

Fortuna che il vertice intergovernativo è durato quanto un lampo. Hanno avuto il buon gusto di ridurre al minimo indispensabile la patetica rappresentazione della loro impotenza.

Campoleone, 4 ottobre 2008

L'Europa del direttorio

di Nicola Forlani

Tra crisi finanziaria internazionale e propositi virtuosi nel settore della tutela ambientale, l'Europa dei 27 sta fornendo prova di superbo dinamismo intergovernativo.

Nel decennale confronto tra federalisti e funzionalisti, tra i fautori dello stato federale e i sostenitori del modello integrazionista comunitario, l'approccio gollista all'Europa sta sbaragliando il campo, imponendosi al centro della scena politica.

Si assumono misure nazionali concordate nel G 15, in questo si è ridotto l'eurogruppo, poiché non ha alcuna competenza in campo di politica economica europea.

Il pubblico televisivo è ormai diventato avvezzo alla solita scenetta televisiva che accomuna, non si sa proprio perché, un piccolo uomo di stato che rivendica senza indugio l'Europa delle patrie con l'insofferente valletto di corte che risiede al Berlaymont.

Presto la presidenza di turno passerà al premier ceco. Un politico che ha almeno il pregio di non dissimulare certo le sue tiepide, per non dir fredde propensioni europeistiche.

Eppure, ancora per qualche mese, imperverseranno i paladini del coordinamento delle politiche, nazionali. Da illusionisti non mancheranno di tirar fuori dal cilindro altra paccottiglia di proposte rigidamente, nazionali. Il tutto avverrà nell'attesa della creazione di fondi sovrani, nazionali, che dovranno consentire una ritrovata capacità di influenza, ovviamente e pervicacemente, nazionale.

Intanto, stanno ruminando e trasformando nel suo esatto opposto anche concetti di apparente, quando evidente effimero buon senso nella fase di deriva intergovernativa che stiamo attraversando, come quello del governo europeo.

Il direttorio alla Sarko rivenduto, nel dibattito parlamentare, per il governo europeo che mancherebbe. Occorre una bella faccia tosta per sostenere la proposta. Non di meno merita una bella faccia da schiaffi chi cade, imprudentemente, nell'inganno.

Sono pronti a sostenere qualsiasi forma di nazionalismo, fin anche un siffatto approccio nel contrasto alla pinguedine, opponendosi, senza timore del ridicolo, all'unica forma di nazionalismo che non esiste e che mai potrà esistere, quello europeo.

Impavidi continuano ad alimentare il grande equivoco, quell'informe blob gelatinoso, dove scienza e coscienza scendono a patti con l'ignominia.

Così come fatto negli anni orribili della pseudo costituzionalizzazione dei trattati, costoro vogliono continuare a prenderci per il naso, lasciandoci credere che sia possibile avere una costituzione senza stato, così come possa esistere un governo senza competenze, una politica economica senza risorse, una politica estera senza esercito, una politica energetica senza approvvigionamenti strategici.

Nell'introduzione di "l'Unione europea, una storia non ufficiale" (1) Riccardo Perissich scrive: Quello che manca non è tanto la volontà di accordarsi sugli obiettivi, quanto la disponibilità a consentire deleghe di sovranità indispensabili per tradurre in pratica le decisioni prese.

Si allargherà quindi quella distanza tra gli annunci e le realizzazioni che è la principale ragione della disaffezione dell'opinione pubblica. E' diffusa l'opinione che l'Europa possa essere governata da un direttorio di paesi importanti. E' una strada senza uscita; quando le domande di ammissione al direttorio saranno state esaminate, esso sarà talmente pletorico da dimostrarsi totalmente inefficace."

Perissich aggiunge: "La chiave del processo ideato da Monnet era il gradualismo, sia nelle realizzazioni, sia nei trasferimenti di sovranità. I federalisti hanno sempre contestato la possibilità di applicare questo metodo anche all'unione politica.

Nonostante la convinzione che il gradualismo fosse condannato a incontrare i suoi limiti, ho sempre sperato di essere smentito; a lungo così è stato, ma oggi non riesco a vedere come si possa avviare un'unione politica senza una svolta radicale.

Essa non può essere il prodotto delle strutture attuali, né, realisticamente, coinvolgere la totalità dei paesi. Perché una simile iniziativa sia credibile, sarebbe necessario riprodurre gli elementi fondamentali della proposta Schuman che, nel 1950, diede inizio all'avventura: una visione chiara, l'indicazione dei passi da intraprendere, strutture politiche e amministrative capaci di dare agli impegni assunti concretezza e continuità".

Campoleone, 22 ottobre 2009

(1) Longanesi, 2008, Milano

In vista del congresso unitario

di Nicola Forlani

In occasione dei lavori del comitato centrate del 15 e 16 novembre, si è assistito a un sereno e proficuo confronto tanto sul piano dell'analisi politica che su quello più squisitamente organizzativo.

Anche per il tramite di votazioni, l'assemblea ha assunto decisioni e orientamenti su una serie di questioni che hanno una stretta attinenza con la celebrazione del prossimo congresso nazionale MFE, previsto a Catania nei giorni 27, 28 e 29 marzo 2009.

Il presidente Guido Montani ha presentato due proposte di modifica al regolamento di attuazione dello statuto. La prima, relativa all'elezione dei delegati in occasione delle assemblee precongressuali, è stata accolta (proporzionale puro sulla base di mozioni contrapposte).

I membri del comitato centrale hanno invece espresso il loro parere contrario a una possibile regolamentazione dell'art.1 dello statuto (rispetto delle decisioni assunte in sede congressuale qualora, nel congresso stesso, si esprimano posizioni maggioritarie e minoritarie).

Per quanto concerne le proposte di modifiche dello statuto da sottoporre al prossimo congresso, il comitato centrale ha manifestato un orientamento sostanzialmente negativo. In particolare, sulla norma che prevedeva un massimo di tre mandati per le cariche di Presidente e Segretario, un nutrito gruppo di militanti si è astenuto al momento della votazione, rilevando i limiti della meccanicità della procedura, ma evidenziando, al contempo, la sostanziale bontà dell'obiettivo che con essa si vorrebbe raggiungere.

Il prossimo 24 gennaio si terrà a Milano la riunione della direzione nazionale. Il 21 e 22 febbraio ci attendono i lavori della conferenza organizzativa di Lugo di Romagna. La strada che conduce a un Congresso unitario non è facile da percorrere, ma i militanti non si faranno certo spaventare dalle asperità che occorrerà superare. In fondo al tunnel già s'intravedono i primi bagliori di luce, occorre seguirli con fiducia.

La linea generale del MFE potrà essere sviluppata su tre piani: il primo teorico (un livello di astrazione in cui si coltivano le finalità proprie del federalismo); il secondo politico (un livello del presente dove confrontarsi con i problemi economici e sociali attuali); il terzo strategico (punto nodale sul quale attivare la pressione e sul quale e possibile ottenere dei risultati). Tra il secondo e il terzo livello spesso si sono collocate azioni a livello tattico (le unilaterali per l'elezione diretta dei membri del Parlamento europeo né sono un esempio) che possono integrarsi, senza soluzione di continuità, con la proposta strategica (mandato costituente a un'assemblea ad hoc).

Chi vuole l'unità del Movimento non è disponibile a dividersi sul piano teorico.

Le differenze sono connaturare al profilo stesso del livello teorico del confronto. Una maggiore o minore accentuazione sulle questioni del mondialismo e le considerazioni, non sempre coincidenti, sul modello di stato federale non possono costituire il crinale lungo il quale alimentare la frattura dell'organizzazione. Tali aspetti possono, anzi devono, sostenere il dibattito attraverso l'individuazione di modelli idealtipici all'interno del quale sviluppare linguaggi e contenuti realmente comuni.

Chi vuole l'unità del Movimento non è disponibile a dividersi sul piano politico.

Le attività a dimensione nazionale e sovranazionale del MFE, quanto quelle dei centri regionali e delle sezioni a livello locale, sono state sempre sviluppate all'interno di una prospettiva contingente. L'autonomia politico/organizzativa non ha rappresentato una scorciatoia verso l'alienazione, anzi.

E' possibile essere nell'attualità - in tutti i livelli di conteso, mondiale, europeo, nazionale e locale - proprio e perché il pensiero politico federalista non è una proposta tra le tante, ma un argine al conformismo di chi, vivendo nel presente è incapace di pensare alla realtà quale espressione di una volontà raziocinante che sappia prefigurare il futuro.

Chi vuole l'unità del Movimento non è disponibile a dividersi sul piano strategico.

Come fatto anche nel recente passato è possibile individuare due piani d'intervento coincidenti eppur non sovrapponibili, che si alimentano a vicenda.

Occorre definire alcuni elementi tattici all'interno del dibattito e delle proposte che guardano al processo di integrazione e costituzionalizzazione dell'Unione. Una loro possibile rappresentazione è fornita dal sostegno agli strumenti di governo dell'economia che facciano perno sulla leva monetaria: Union Bonds, fondo comune anti crisi, bilancio con imposte sovranazionali, piano di investimenti e di sviluppo europei. La moneta unica rimane, a tutt'oggi, l'unico elemento prefederale che possa attribuire all'Unione un ruolo di potenza civile a livello mondiale.

Possono altresì essere sviluppati elementi a carattere strategico a partire da quei paesi che rappresentano il punto di discrimine per un effettivo rilancio dello spirito fondatore del progetto europeo: Francia, Germania, Italia. In questo caso, l'opzione deve puntare a ottenere il consenso (tanto a livello governativo che popolare) alla convocazione di una Costituente europea espressamente finalizzata alla fondazione della federazione europea.

Chi vuole 'unità del Movimento non è disponibile a dividersi sull'interpretazione delle mozioni.

La mozione politica approvata al Congresso UEF di Parigi già contiene sia il criterio di distinzione tra elementi tattici e strategici, che un primo abbozzo del loro contenuto politico. Occorre procedere con caparbietà su questa strada. Essersi uniti a Parigi per poi ridividersi a Catania non darebbe certo lustro alla storia e alle ambizioni della nostra organizzazione.

Chi vuole l'unità del movimento non è disponibile a dividersi nell'azione.

E' probabile che nel luglio 2009 si tenga in Italia il terzo degli appuntamenti del neonato G20: quale migliore occasione per lanciare, sulla scia delle attività della campagna elettorale per il rinnovo del parlamento europeo, un controvertice di tutta la forza federalista europea dove mobilitare sia i protagonisti della politica, dell'economia e della cultura, attraverso l'organizzazione di incontri e dibattiti, che cittadini europei, radunandoli in una grandiosa manifestazione popolare.

E' giunta l'ora di tornare a lavorare tutti insieme, richiamando a una militanza partecipata anche gli amici che non frequentano più abitualmente la vita istituzionale del Movimento. L'obiettivo è alla nostra portata. Tutto dipenderà dalla forza e dalla determinazione con cui sapremo perseguirlo.

Campoleoene, 20 novembre 2008

Dibattito di Firenze

di Nicola Forlani

Domani, a Firenze, avremo una nuova opportunità per discutere, serenamente e pacatamente, tra militanti federalisti. L'idea è nata a Bologna nella primavera 2007. Ha poi avuto sviluppi e si è andata sempre più consolidando in occasione dei successivi incontri di Pisa e Roma. La formula è semplice quanto efficace.

Il dibattito avviene tra pari, indipendentemente dalle proprie attitudini personali, con brevi contributi introduttivi. I temi sono sviluppati con un approccio di largo respiro proprio ed in quanto su di essi non si rileva alcuna necessità di assumere degli orientamenti di azione politica.

I contributi (introduzioni ed interventi) provengono, oltre che da militanti presenti nelle due liste dell'ultimo congresso, da amici che intendono rientrare a pieno titolo nella vita del Movimento e rinnovare così il proprio impegno nella battaglia per la federazione europea.

Tanti militanti stanno strenuamente perseguendo l'obiettivo dell'unità dell'organizzazione. Già un bel pezzo di strada è stata percorsa. Non è certo un caso se al Congresso UEF di Parigi sono stati raccolti i primi frutti.

La mozione politica presentata da Guido Montani ha trovato, dopo un serrato dibattito e alcune modifiche in corso d'opera, il consenso di tutti i 33 membri della delegazione italiana e, con esso, l'adesione di tutto il congresso. La mozione richiede, tra l'altro, al Parlamento europeo e ai paesi che lo vogliono di proseguire da soli sulla strada della Federazione europea attraverso la convocazione di un'Assemblea/Convenzione costituente.

Solo un MFE unito, all'interno del quale possono determinarsi anche posizioni di avanguardia sviluppate quali articolazioni della campagna generale dell'UEF, può svolgere un ruolo di leadership in ambito europeo: indispensabile premessa perchè qualsiasi azione possa conseguire un reale obiettivo di natura politica.

Il lodo su cui costruire il percorso che, unitariamente, possa condurci al congresso nazionale della prossima primavera è stato già stato ampiamente abbozzato. Ora sta alle persone di buona volontà percorrere la strada giusta; e lo sarà.

Campoleoene, 24 ottobre 2008

Damnatio memoriae

di Nicola Forlani

Il 20 ottobre 2008 si è spento, alla veneranda età di 98 anni, Vittorio Foa. Tra i numerosi commenti di quei giorni uno rappresenta, meglio di tutti gli altri, la decadenza dei tempi, l'oblio della memoria e l'ingratitudine del paese: «Uomo di sinistra, ma che non fu mai comunista».

Con questa semplice, quanto apparente innocua affermazione si sostiene l'idea che la sinistra storica italiana, e non solo, sia stata sostanzialmente di ispirazione leninista, con poche anime belle che siano riuscite a contenere la subdola influenza del partito comunista.

Il contributo nella lotta antifascista prima e nell'edificazione dei valori e dei principi repubblicani poi furono oggetto dell'impegno di tanti italiani che si riconobbero nei principi e nei valori del Movimento Giustizia e Libertà.

Carlo Rosselli fu leader e animatore del gruppo prima di essere ucciso, il 9 giugno del 1937, insieme al fratello Nello a Bagnoles-de-l'Orne, luogo di soggiorno termale della bassa Normandia, da miliziani di una formazione eversiva della destra francese. Il delitto avvenne su mandato dei servizi segreti fascisti guidati da Galeazzo Ciano.

Nel 1929, con ispiratore del gruppo Gaetano Salvemini, a Parigi nasce il Movimento rivoluzionario e insurrezionale in grado di riunire tutte le formazioni non comuniste che intendevano combattere e porre fine al regime fasciata.

Sotto gli ideali del risorgimento si riuniscono, socialisti, repubblicani e democratici. Contrasteranno la propaganda di regime durante il ventennio; combatteranno con i repubblicani nella guerra civile spagnola; parteciperanno alla resistenza con bande partigiane gielliste, secondo solo a quelle garibaldine riconducibili al Partito comunista, per fondare poi, nel 1943, il Partito d'Azione.

Vittorio Foa aderisce al Movimento Giustizia e Libertà giovanissimo. E' arrestato a Torino nel 1935 e condannato dal tribunale speciale fascista a 15 anni di reclusione. Nel 1943, da poco libero dalle galere fasciate, partecipa alla nascita del Movimento Federalista Europeo presso l'abitazione milanese di Mario ed Alberto Rollier.

Da pagina 171 della biografia di Piero Graglia ad Altiero: «Vittorio Foa, appena liberato dal carcere e partecipante alla riunione federalista, vi era stato trascinato con amichevole fermezza da Leone Ginzburg: «rivedrai Ernesto Rossi, conoscerai [Franco] Venturi e Altiero Spinelli, ne vale la pena». Una sfacchinata per il giovane Foa, ancora sofferente per la lunga detenzione a Castelfranco Emilia:

Alla riunione di Milano non riuscii a capire nulla. Dai verbali risulta che parlavano alto, sui principi da riaffermare e servire con l'azione, ma io sentivo solo stanchezza e fame. A mezzogiorno portarono un sobrio spuntino: in ogni piatto c'erano due belle sardine fritte e una fetta di pane. Mangiai subito la polpa dei due pesci e poi mangia le code, le teste e infine anche le lische. Quando Leone passò con un piatto per le teste e lische vide il mio piatto vuoto, capì e rise. E risero anche gli altri. (1)

Sempre Foa non ricorda, stranamente, la presenza di Colorni a Milano, e il suo giudizio è, a distanza di anni, scettico sul peso effettivo del federalismo sul movimento resistenziale:

La memoria di quella riunione federalista a Milano mi pone delle domande: quali erano le radici di discorsi alti di quel convegno, la lotta contro militarismo, nazionalismo, dispotismo, guerra? Erano nelle vicende degli anni Venti e Trenta, cioè nella presenza fascista oppure bisognava risalire nel tempo? E, su un piano personale, che significato aveva per me un così alto dibattito? E infine, che influenza ha avuto il movimento federalista sul partito d'azione? (1)»

Dopo la FIOM, nel 1949, Foa entrò nella segreteria nazionale della CGIL accanto a Giuseppe di Vittorio. Nel 1964 fu dirigente del PSIUP. Dal 1969 collaboro con il Manifesto. In seguito entrò in Democrazia Proletaria, per poi ritirarsi all'insegnamento con una cattedra di Storia contemporanea sino a quando, nel 1987 fu eletto senatore come indipendente nella lista del PCI.

In una sua intervista per Il Messaggero dell'agosto 2006 dichiara: «Sarebbe ora di finirla con questa damnatio memoriae per cui la storia del Novecento ruota intorno ai comunisti, agli ex comunisti e ai comunisti o filocomunisti pentiti. C'è una grande storia che è stata rimossa: quella degli antitotalitari democratici e liberali - anticomunisti e antifascisti - che non hanno avuto bisogno di rivelazioni tardive, di omissioni generalizzate e di compiacenti assoluzioni».

Di questa grande storia rimossa fanno parte, a pieno titolo, i federalisti europei. Sta a noi, con orgoglio e senza timore dello scandalo, rinnovare gli ideali in propositi, i valori in precisi obiettivi politici.

Campoleoene, 28 ottobre 2008

(1) Vittorio Foa, Il cavallo e la torre, Torino, Einaudi, 1991, p.129, 130

Europa e stati totalitari

Campoleoene, 13 novembre 2007

Il concetto di Europa, luogo geografico e politico, è utilizzato da tutti coloro che possiamo, a rigor di logica, definire europeisti. Mais transgenico? Un problema europeo. Precariato salariale? Un problema europeo.

Incendi estivi? Un problema europeo. Subcultura calcistica ed ordine pubblico? Un problema europeo. Papà ha perso l’aereo? Ovviamente, anche in questo caso, il problema non può che essere europeo. Una prospettiva nella quale l’Europa è svilita alla funzione di cacio sui maccheroni, buona con qualsiasi minestra e per ogni sugo.

Discettare su questioni pseudo politiche che si collocano al di fuori del quadro teorico e culturale del federalismo militante è, quasi sempre, un esercizio sterile e fine a se stesso. Nella peggiore delle ipotesi si rischia di dire castronerie, nella migliore di rimestar acqua nel mortaio.

Prendiamo ad esempio la visione, tutta europeista, dell’Europa come risposta storica al nazifascismo. Apparentemente sembrerebbe un’affermazione animata dal più comune buon senso. Se invece è letta attraverso i principi teorici del federalismo autonomista ci appare in tutta la sua parzialità e contraddittorietà.

Il federalismo, nella sua dimensione politica e affatto utopistica - così come definito nel Manifesto di Ventotene - è la risposta alla crisi degli stati nazionali. Più precisamente, è un progetto di azione finalizzato alla creazione dell’unione politica del vecchio continente su basi statuali e federali quale unico possibile antidoto alla crisi della civiltà moderna: il nazionalismo disconosce il principio di libertà secondo il quale l'uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita.

Tanto l’ideologia liberale quanto quella socialista sono fallaci proprio ed in quanto negatrici, nelle loro rappresentazioni nazionali, dei diritti di libertà dell’individuo. Il prodotto storico della convivenza umana, sia esso in una visione conservatrice che progressista, resta sempre ed in ogni caso la nazione.

In tale prospettiva tanto il nazifascismo (nazionalsocialismo tedesco e fascismo italiano) quanto il marxismo leninismo prima e lo stalinismo poi (ambedue espressioni reali dell’ideologia comunista) rappresentano la degenerazione totalitarista della visione ideologica nazionale. Pur proclamando diritti sociali, economici e politici, tali regimi, nei fatti, ledono i fondamentali diritti di libertà. Il totalitarismo, sia fascista che comunista, è espressione estrema del nazionalismo.

Lo dice chiaramente il Manifesto: “Un’Europa libera ed unità è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto”. Inoltre nelle Tesi politiche uscite dalla riunione milanese dell’agosto 1943 (atto di fondazione del Movimento) si legge: “Indipendenza nazionale, libertà, socialismo saranno vitali e benefiche solo se avranno come premessa – e non semplicemente come conseguenza – la federazione, vale a dire un ordinamento politico che garantisca la pace e la giustizia internazionale”.

Il federalismo militante (pensiero ed azione) nasce durante la lotta di liberazione e si qualifica come componente essenziale della resistenza europea. Ma come ha chiarito Noberto Bobbio non è né la risposta al nazifascismo né, tanto meno, guerra per un nuovo assetto sociale, ma una visione politica che deve inventare il futuro (1).

E’ quindi evidente come, in una prospettiva più organicamente federalista, il concetto di Europa non può che essere considerato quale risposta alla crisi dello stato nazionale, sia esso democratico/liberale che trasfigurato nelle sue rappresentazioni totalitarie (la distinzione in fasciste o comuniste è cosa rilevante sole ed in quanto intimamente commisurabili).

Campoleone, 13 novembre 2007

(1) Noberto Bobbio, Il Federalismo nel dibattito politico e culturale della resistenza, in Manifesto di Ventotene, Il Mulino, 1991.
"I motivi ispiratori della resistenza europea si possono disporre su tre livelli: secondo che si consideri come guerra contro il fascismo, e in genere contro il dispotismo in nome della democrazia, come guerra per un nuovo assetto sociale contro ogni forma di restaurazione dell’antico regime. L’ideale federalistico si pone su questo terzo livello: la resistenza che deve insieme chiudere e aprire, distruggere per costruire, essere negazione non in senso formale ma in senso dialettico. Che non deve limitarsi a vincere il presente ma deve inventare il futuro. Il federalismo fu, ed è tuttora, una di queste invenzioni storiche. Per questo è legato a quel momento creativo della storia che fu la resistenza europea.”

Nicola Forlani

Ziller: innovazioni nel TdL

Campoleone, 14 dicembre 2007

In occasione della presentazione del suo libro “Il nuovo Trattato europeo”, edito da “Il Mulino” (Agenzia della stampa estera, 13/12/07, Roma) Jacques Ziller ha messo in evidenza come nel Trattato di Lisbona esistano anche delle clausole evolutive rispetto a quanto già previsto dal Trattato costituzionale.

L’innovazione del 2007 consiste nell’inserimento dell’Unione economica e monetaria (Uem) con l’euro, tra gli obiettivi dell’Unione (art. 3 Tue modificato, ex art. I-3 del Trattato costituzionale). La questione non è solo simbolica, anzi. D’ora in poi per l’Uem e l’euro sarà possibile utilizzare, se necessario, la cosiddetta clausola di flessibilità per colmare le lacune dei trattati che dovessero emergere nel settore (art. 308 del trattato Ce modificato).

Ziller ha concluso sottolineando come la novità rispetto al Trattato costituzionale abbia una rilevanza non solo giuridica. Potrebbe essere il segno di un rinnovato clima politico, oltre che una decisa presa di posizione a difesa della moneta unica.

All’incontro, promosso dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea, sono intervenuti anche Piero Fassino, Giuliano Amato e Franco Frattini. Tutti e tra hanno fornito spunti e valutazioni di un certo interesse su cui spero di poter ritornare quanto prima.

Nicola Forlani

Fassino Multilaterale

Campoleoene, 9 novembre 2007

“Chiunque sia uno specialista è, a rigor di termini, un idiota” – George
Bernard Shaw, Il manuale del rivoluzionario, da Uomo a superuomo

Al traghettatore dei Democratici di sinistra occorre trovare una nuova collocazione. Non è più segretario per estinzione del partito. Non può aspirare ad un Ministero da rimpasto stante la perseveranza con cui Prodi tiene dritta la barra delle governabilità. Non sono in vista elezioni amministrative che potrebbero garantirgli un remunerativo (politicamente, si intende) incarico da Sindaco o Presidente di Regione.

La presidenza e le vicepresidenze della Camera dei deputati sono già stabilmente occupate. La stessa cosa si dica per le pur sempre prestigiose commissioni parlamentari. Si aggiunga, infine, che il vice-presidente, Franco Frattini, non sembra intenzionato certo a lasciar spazio e poltrona. Voci di corridoio confidano che all’apertura di ogni seduta della Commissione egli reciti stentoreo: hic manebimus optime!

E’ pur vero che ultimamente il segretario dei DS ci aveva un po’deluso. Aveva promesso valanghe di firme apposte sulla petizione referendaria. Non si è visto alcun effetto, tanto meno valanga, in seguito alla solerte quanto tardiva adesione alla campagna. A sua parziale giustificazione si potrebbe evidenziare che la costituzione era defunta una paio d’anni prima ad opera del prode Chirac e che la peregrina idea della convocazione di un referendum paneuropeo appartenesse al mondo incantato delle fiabe. Avrà sbagliato, certo, ma tutti possiamo aspirare al perdono, tanto più se in ballo c’è il futuro professionale di un galantuomo. Ed allora, che fare?

A pensarci bene una soluzione ci sarebbe! La buona, cara e vecchia Europa può venirci in soccorso. Solo lei potrà aiutarci a trovar soluzione al rebus occupazionale di Piero. Il problema è presto risolto. Un bel posto da inviato speciale in Birmania per l’Alto rappresentante Ue per la politica estera è proprio quello che ci vuole.

Ciò che non è comprensibile è perché infierire con un contratto a progetto sulle aspirazioni professionali del neo assunto. Una delega di competenza generalista, da inviato e basta, non condita dall’appellativo di speciale, non avrebbe comportato pericolo di sorta. E’ notorio che il delegante, Javier Solana, conta quanto un tre di briscola sulla scena politica internazionale. La qualificazione di speciale (per una singola e particolare questione o affare), si sarebbe più acconciamente potuta evitare. Ma in fin dei conti “è uguaglio”. Chi vuoi che ci faccia caso. Anzi, perché non chiamarlo un inviato “molto” speciale … “Punto... due punti! Ma sì, fai
vedere che abbondiamo, adbondandis adbondandum”.

Nicola Forlani

Yankee, go home!

di Nicola Forlani

La guerra va incontro a tutte le esigenze, anche quelle pacifiche. Bertolt Brecht, Madre Courage e i suoi figli

In una fase cruciale nel complesso panorama delle relazioni internazionali, in cui si afferma, per assoluta necessità e pertinenza, la proposta della costituzione di una solida federazione europea, dotata di tutti gli attributi necessari che la rendano capace di essere un attore globale nel settore della politica estera e di difesa, nessun documento o qualsiasi voglia considerazione che abbia un minimo di costrutto logico (nota, circolare, comunicato stampa, articolo, lettera ai militanti, telegramma, ecc.) è stata assunta dai dirigenti del Movimento in nome e per conto degli associati, e fatta circolare sugli opportuni canali.

Ci troviamo di fronte ad una colpevole latitanza - il dolo non vogliamo nemmeno prenderlo in esame - che si commenta da sola, senza alcun bisogno di aggiungere altre considerazioni.

Quanto alle mie opinioni, credo siano note e di non particolare rilievo. Da militante federalista sono convinto che gran parte del mio pensiero appartenga ad un patrimonio di analisi e di proposte collettive che non necessita di essere pedissequamente riproposto in ogni sede.

Campoleone, 20 agosto 2008

Umiliati i liberisti e gli antistatalisti

di Nicola Forlani

Crisi finanziaria. I fondi mutualistici Usa trascino giù borse ed imprese di tutto il mondo. Osservatori sprovveduti sostengono che gli americani hanno abdicato al loro ruolo egemone e che sono ormai incapaci di esercitare un ruolo di governo nell’economia globale.

Antistatalisti di destra confidano nel ruolo salvifico del mercato. Antistatalisti di sinistra guardano con malcelata soddisfazione alla fine dell’impero a stelle e strisce.

A nulla sono servite le potenti iniezioni di liquidità operate dalle banche centrali. E stato sufficiente che Il vecchio, esausto ed ormai impotente stato americano annunciasse un intervento senza precedenti, per ridare fiducia ai mercati, con effetti dirompenti ed inaspettati in tutto il pianeta.

Il lancio di un piano che potrebbe arrivare a valere dieci volte quello Marshall ha consentito anche alla borsa di Mosca di riaprire i battenti, dopo due giorni di chiusura per eccessi di ribassi.

I liberisti sono stati umiliati dal primato della politica. Il ruolo sovrano dello stato si sono ripreso la rivincita sulla fantapolitica di chi sostiene un nuovo ordine economico fondato su una democrazia cosmopolita affidata alle logiche tecnocratiche degli organismi economici mondiali.

E se dovesse toccare agli europei? In assenza di un’autorità statale (la federazione europea) in grado di garantire la solvibilità del debito pubblico, i politici del vecchio continente sarebbero del tutto impotenti, ma sicuramente pronti, senza timore di sfidare il ridicolo, a chiedere servilmente aiuto allo zio d’America.

Campoleone, 19 settembre 2008