Pochi giorni prima dell'annuncio delle sue dimissioni, la Lady di
ferro partecipò al Senato della Repubblica, al Consiglio europeo del
27/28 ottobre 1990 in Roma. Io ero lì, a neanche dieci metri
dall'ingresso del Senato, oltre le transenne, di fianco ad un
commissario di polizia.
Ero l'organizzatore, per il MFE, di una
manifestazione di un centinaio di federalisti assiepati dietro una
transenna. Il commissario mi volle di fianco per indicargli,
eventualmente, se ci fossero infiltrati tra i nostri agitatori, visto
che eravamo veramente ad un tiro di schioppo da dove i capi di stati
e di governo uscivano dalle auto. Scendevano alla spicciolata, pochi
minuti uno dietro l'altro. Poi la carovana si interruppe: Mitterrand
aveva fatto fermare la sua auto un centinaio di metri prima. Arrivo a
piedi, con la regalità di un sovrano, per raccogliere la nostra
ovazione.
Poco dopo l'arrivo di Kohl, accolto da
noi con altrettanto consenso. Successivamente fu il turno della
Thatcher. Come usci dall'auto gli riservammo un boato di schiamazzi e
di urla, così forti, che il servizio d'ordine si schierò a coprirla
con il corpo, mentre dalle finestre del Senato, di divo Giulio si
affacciava per raccogliere quanto aveva seminato. Era lui che ci
aveva consentito di avvicinarsi così tanto al Vertice, era lui che
voleva mettere "sotto pressione" mediatica la Dama di
ferro. Quella nostra caloroso accoglienza fu la notizia di apertura
dei tg di mezzo mondo.
Voglio ricordarla così, come fiera
avversaria dei federalisti, come esempio di una classe politica di
cui, al di là delle convinzioni politiche, questa vecchia e stanca
Europa sente una grande mancanza.
Campoleoene, 12 aprile 2013