Campoleoene 28 ottobre 2007
Nella sconfinata produzione scientifica di Noberto Bobbio non mancano iriferimenti al federalismo, quale corrente culturale e politica nata durantela Resistenza, e al concetto di Stato federale, tanto regolatore deiconflitti che forma politica di un ordine superiore.
Anche nella sua Autobiografia (1), al capitolo VII, Bobbio dedica attenzionealla questione dei rapporti tra Stato federale e pace. La gran parte deisuoi scritti in tema sono raccolti in due volumi: Il problema della guerra ele vie della pace (Il Mulino, Bologna, 1979) e Il Terzo Assente (Sonda,Torino, 1989).
Bobbio racconta della sua partecipazione alla prima Marcia della PacePerugia-Assisi in cui presero la parola, tra gli altri, il promotoredell’iniziativa Aldo Capitini, oltre a Arturo Carlo Jemolo, Ernesto Rossi Renato Guttuso. Una antica conoscenza quella con l’ideatore della Marcia.
L’ingresso di Bobbio nell’antifascismo attivo avviene nel 1939 con la sua partecipazione alle riunioni del movimento liberalsocialista nato attorno a Guido Calogero, professore di filosofia all’università di Pisa ed Aldo Capitini stesso, già segretario della Scuola normale superiore.
Ricordando la prima Marcia del 24 settembre 1961, Bobbio definisce la dimensione della pace quale ordine istituzionale e giuridico ed il suo rapporto con il principio etico religioso della non violenza. Più precisamente, egli scrive:
“Per uno come me che ha vissuto gli anni della maturazione sotto un regime dispotico e durante una guerra durata cinque lunghi anni, i problemi urgenti, caduto il regime e finita la guerra sono soprattutto la democrazia e la pace, fra loro connessi da un medesimo intento: eliminare la violenza come mezzo per risolvere i conflitti sia all’interno di uno stesso Stato sia nel rapporto tra Stati nazionali.
Per quel che riguarda il problema internazionale, il primo passo da compiere era la federazione tra gli Stati europei, per scongiurare il ripetersi di quella che era stata giustamente chiamata la guerra civile europea, durata quasi un secolo. Gli Stati uniti d’Europa erano concepiti come prima fase di una federazione universale che avrebbe realizzato il sogno di Kant della pace perpetua.
L’unione di stati passa attraverso tre fasi successive: l’alleanza, la confederazione, lo Stato federale. Mentre la confederazione è una società di Stati, lo Stato federale è uno Stato di Stati. Le Nazioni Unite, il cui statuto è entrato in vigore il 25 ottobre 1945, rappresentano un passaggio intermedio fra la Società della nazioni, che aveva il carattere di pura associazione tra Stati nazionali, e gli Stati uniti del mondo, sogno ideale di un Superstato.
Il Superstato è un potere collocato al di sopra degli altri Stati, in possesso di una forza talmente superiore rispetto ai singoli Stati qual è quella che lo Stato nazionale possiede nei confronti dei singoli individui.
Per realizzare questo obiettivo è necessaria l’unione politica, l’unica che consenta al Superstato di usare la forza se necessario. Soltanto il Superstato può esercitare il monopolio della forza, trasformando un rapporto tra pari in un rapporto da superiore ad inferiore.
Vi sono due forme di pacifismo che non si escludono l’un l’altra: quello istituzionale o giuridico e quello etico religioso. Il primo mira all’eliminazione della guerra fra Stati sovrani attraverso l’unione di singoli Stati in un Superstato, il secondo attraverso l’educazione alla non violenza. I miei scritti sulla pace e la guerra appartengono prevalentemente al primo. La Marcia della Pace, promossa da Capitini, era, invece, una tipica espressione del secondo.
La differenza tra i due pacifismi è evidente: il Superstato elimina la guerra ma non l’uso della forza come extrema ratio; l’educazione alla non violenza tende all’eliminazione dell’uso della forza anche come extrema ratio. L’uno è meno efficace ma più realistico. Il secondo è più efficace ma è anche più irrealistico.”
Parole di una chiarezza cristallina su cui, da federalisti, non si può che concordare nella consapevolezza che il MFE per sopravvivere e per guardare con fiducia al proprio avvenire ha bisogno di continuare a coltivare i grandi ideali. Ma non ha bisogno di inventare nulla. Ha bisogno soltanto di restare fedele alla propria storia.
Nicola Forlani
(1) Noberto Bobbio, Autobiografia, a cura di Alberto Papuzzi, Editori
Laterza, Bari, 2004
Nessun commento:
Posta un commento