mercoledì 7 gennaio 2009

Tempi orribili

Campoleone, 22 luglio 2007

Nei due precedenti tentativi di costruire l’Europa politica, CED e progetto Spinelli, in gioco vi erano i trasferimenti di reali poteri sovrani dallo stato nazionale alle istituzioni sovranazionali a carattere federale. Non è un caso che i due documenti che ne sono alla base si chiamassero trattati senza alcuna deriva illusionistica costituzionaleggiante.

Anche la presupposta terza occasione storica produrrà un documento che si chiamerà trattato, probabilmente di Lisbona. Riprenderà, pedissequamente, tutte le novità istituzionali e politiche contenute nel documento che sarebbe stato alla base dell’occasione fallita, il trattato costituzionale.

Per logica conseguenza, visto che l’appellativo di trattato non esclude la grande conquista politica (così come avvenuto nei primi due casi) e che quello che sarà ratificato nel 2008 è solo una riformulazione del trattato costituzionale niente affatto semplificato, non si comprende perché questo terzo tentativo non sia da considerarsi coronato da successo. O se, per converso, qualora lo si debba valutare un insuccesso, perché mai la sua formulazione precedente sia stata impropriamente valutata quale la terza occasione per fare l’Europa politica.

Sulle considerazioni sul terzo tentativo di dare una costituzione all’Europa, tutte personali ed che non ritrovano riferimento alcuno nella pubblicistica storica, politica e giuridica ci sarà modo di ritornare presto in un pubblico dibattito, sperando che la questione interessi ancora qualcuno.

Invece non si può sottacere come la ricostruzione sull’elezione dei cinque nuovi membri della direzione sia lacunosa, fallace e non corrispondente alla realtà dei fatti. Non si è proceduto a nessuna elezione condizionata.

In primo luogo si sono eletti cinque membri della direzione designati da Alternativa Europea e non cinque membri di minoranza. La votazione è stata per alzata di mano senza collegamento ad alcuna mozione scritta. Nessuno a chiesto di inserire a verbale le proprie dichiarazioni e l’elezione è avvenuta a larga maggioranza. Una maggioranza ben più ampia di quella che ha eletto gli altri 25 componenti della direzione al congresso di Roma.

Nel corso del dibattito non ci sono state dichiarazioni di voto e attendiamo ancora che i 7 membri del Comitato Centrale che hanno votato no alla proposta e i due astenuti vogliono qui formulare la propria opinione. Dei cinque nuovi membri della direzione il più giovane ha oltre 20 anni di militanza federalista. A mio modesto avviso credo che meritino di conoscere, in una pubblica dichiarazione, le motivazioni che hanno spinto una sparuta ed originale nuova minoranza del MFE a votare contro o a lavarsene le mani.

I rappresentanti di AE presenti alla votazione hanno dichiarato esplicitamente che non era possibile porre alcuna condizione alla loro elezione e che se il Congresso, a norma di statuto (art. 20, primo comma), deve agire nei limiti indicati dal secondo comma dell’art. 2, a maggior ragione la segreteria e la presidenza sono tenuti ad attenersi a questi limiti.

Per maggiora chiarezza dichiaro di ritenere, anche nella veste di membro delle direzione nazionale, di avere il sacrosanto diritto di esprimere, in qualsiasi sede e in qualsiasi luogo, le mie idee ed il mio pensiero anche quando questo non dovesse coincidere con quanto deliberato dagli organi statutari. Già nel passato sono stato membro della direzione indicato da una lista congressuale minoritaria, seppur eletto unanimemente. Al tempo nessuno si è prodigato nel tentativo di mettermi il bavaglio alla bocca o di scollegarmi le sinapsi cerebrali.

il dibattito storico e la dottrina politologica contemporanea evidenziano come i cardini dei principi democratici trovino efficacia nella effettiva tutela delle minoranze. La dittatura della maggioranza non è mai oligarchia. Anzi, quanto più la maggioranza vuol disciplinare e contenere le legittime aspettative dei gruppi di minoranza, tanto più ci sia avvicina al modello dei regimi dispotici.

Non è infatti un caso che le condizioni e le norme positive siano previste a tutela delle minoranze, siano esse linguistiche, cultuali, religiose, sociali. Nei sistemi politici alle minoranze viene persino riconosciuta la direzione delle commissioni di controllo e di garanzia se non addirittura la presidenza delle assemblee.

E’ ben originale invocare giustappunto il contrario, con la formulazione di peregrine norme a tutela della maggioranza. In verità qualche eccezione potrebbe essere fatta per gli amministratori di condominio sull’orlo di una crisi di nervi quando avvertono che gli sta per essere revocato il mandato, ma è di tutta evidenza che non è questo il nostro caso.

Negli ultimi anni ne abbiamo viste ed ascoltate di cotte e di crude. Non ci meravigliamo più di nulla. C’è solo da sperare che i “tempi orribili” finiscano presto. Come diceva Eduardo “Adda passà ‘a nuttata”.

Nicola Forlani

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