Campoleone, 2 agosto 2007
Da almeno un anno i più attenti osservatori avevano espresso le loro valutazioni sul possibile accordo per salvare quanto vi era di buono nel trattato costituzionale.
A poche settimane dall’inizio del semestre di presidenza tedesca erano chiarissimi, lapalissiani, anche per i meno attenti e superficiali osservatori di cose europee, i termini dell’accordo sul nuovo testo del trattato di riforma. Non ha capito, ed in parte, continua a non capire, solo chi non vuol vedere le cose per quelle che sono, ma adatta le condizioni esterne alle proprie scelte di piccolo cabotaggio. C’è persino chi continua a difendere il trattato costituzionale. Come i sudditi dell’imperatore del Giappone, saranno così temerari da rimanere anni ed anni sugli atolli del Pacifico a combattere una guerra ormai, tragicamente, conclusa.
La situazione politica europea è, purtroppo, priva di novità di rilievo e lo sarà almeno sino al semestre di presidenza francese della seconda metà del 2008.
Occorre sperare che i governi vorranno smettere di giocare alla democrazia cercando il corporativo ed economicamente interessato consenso di poche decine di associazioni della società civile che si distinguo per autoreferenzialità, irrapresentatività nei confronti della categoria a cui appartengono e strettissima contiguità con le amministrazioni di governo stesse.
Dal canto suo la Commissione europea, che brilla sempre più di ottusa tecnocrazia, persevera. In autunno lancia un dibattito/ascolto con la società civile sulle prospettive di bilancio 2007/2013. Si può già immaginare il mercimonio lobbistico a cui toccherà assistere senza che nessun europeista alla giornata avrà il coraggio di denunciare l’impossibilità stessa di qualsiasi politica espansiva dell’Unione alla luce tanto della struttura che delle dimensioni del suo bilancio.
Per il futuro, se vorremo trovare una nuova linea politica strategica unitaria per il MFE, e nuovi dirigenti che sappiano adeguatamente rappresentarla, il confronto dovrà avvenire a tutto campo e riguardare lo scenario all’interno del quale si potrebbe sviluppare un’azione efficace.Occorre quindi mettere in moto i cervelli e ragionare tutti insieme. Il dibattito deve servire a coltivare in comune le idee e non ad orientarle.
Nessuna proposta sugli strumenti può essere aprioristicamente esclusa, assemblea costituente, referendum, elezioni, primarie e chi più ne ha più ne metta. La questione che si pone oggi è analizzare, con la freddezza della ragione, quanto avvenuto da Maastricht ad oggi e tentare di definire un quadro politico all’interno del quale sia realisticamente (accezione non riferita alla realtà materiale contingente, ma alle condizioni reali - che possono anche attualmente non sussistere e che in teoria potrebbero anche mai verificarsi - perché le cose possano accadere) possibile compiere il salto federale.
Nicola Forlani
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