di Nicola Forlani
Il 20 ottobre 2008 si è spento, alla veneranda età di 98 anni, Vittorio Foa. Tra i numerosi commenti di quei giorni uno rappresenta, meglio di tutti gli altri, la decadenza dei tempi, l'oblio della memoria e l'ingratitudine del paese: «Uomo di sinistra, ma che non fu mai comunista».
Con questa semplice, quanto apparente innocua affermazione si sostiene l'idea che la sinistra storica italiana, e non solo, sia stata sostanzialmente di ispirazione leninista, con poche anime belle che siano riuscite a contenere la subdola influenza del partito comunista.
Il contributo nella lotta antifascista prima e nell'edificazione dei valori e dei principi repubblicani poi furono oggetto dell'impegno di tanti italiani che si riconobbero nei principi e nei valori del Movimento Giustizia e Libertà.
Carlo Rosselli fu leader e animatore del gruppo prima di essere ucciso, il 9 giugno del 1937, insieme al fratello Nello a Bagnoles-de-l'Orne, luogo di soggiorno termale della bassa Normandia, da miliziani di una formazione eversiva della destra francese. Il delitto avvenne su mandato dei servizi segreti fascisti guidati da Galeazzo Ciano.
Nel 1929, con ispiratore del gruppo Gaetano Salvemini, a Parigi nasce il Movimento rivoluzionario e insurrezionale in grado di riunire tutte le formazioni non comuniste che intendevano combattere e porre fine al regime fasciata.
Sotto gli ideali del risorgimento si riuniscono, socialisti, repubblicani e democratici. Contrasteranno la propaganda di regime durante il ventennio; combatteranno con i repubblicani nella guerra civile spagnola; parteciperanno alla resistenza con bande partigiane gielliste, secondo solo a quelle garibaldine riconducibili al Partito comunista, per fondare poi, nel 1943, il Partito d'Azione.
Vittorio Foa aderisce al Movimento Giustizia e Libertà giovanissimo. E' arrestato a Torino nel 1935 e condannato dal tribunale speciale fascista a 15 anni di reclusione. Nel 1943, da poco libero dalle galere fasciate, partecipa alla nascita del Movimento Federalista Europeo presso l'abitazione milanese di Mario ed Alberto Rollier.
Da pagina 171 della biografia di Piero Graglia ad Altiero: «Vittorio Foa, appena liberato dal carcere e partecipante alla riunione federalista, vi era stato trascinato con amichevole fermezza da Leone Ginzburg: «rivedrai Ernesto Rossi, conoscerai [Franco] Venturi e Altiero Spinelli, ne vale la pena». Una sfacchinata per il giovane Foa, ancora sofferente per la lunga detenzione a Castelfranco Emilia:
Alla riunione di Milano non riuscii a capire nulla. Dai verbali risulta che parlavano alto, sui principi da riaffermare e servire con l'azione, ma io sentivo solo stanchezza e fame. A mezzogiorno portarono un sobrio spuntino: in ogni piatto c'erano due belle sardine fritte e una fetta di pane. Mangiai subito la polpa dei due pesci e poi mangia le code, le teste e infine anche le lische. Quando Leone passò con un piatto per le teste e lische vide il mio piatto vuoto, capì e rise. E risero anche gli altri. (1)
Sempre Foa non ricorda, stranamente, la presenza di Colorni a Milano, e il suo giudizio è, a distanza di anni, scettico sul peso effettivo del federalismo sul movimento resistenziale:
La memoria di quella riunione federalista a Milano mi pone delle domande: quali erano le radici di discorsi alti di quel convegno, la lotta contro militarismo, nazionalismo, dispotismo, guerra? Erano nelle vicende degli anni Venti e Trenta, cioè nella presenza fascista oppure bisognava risalire nel tempo? E, su un piano personale, che significato aveva per me un così alto dibattito? E infine, che influenza ha avuto il movimento federalista sul partito d'azione? (1)»
Dopo la FIOM, nel 1949, Foa entrò nella segreteria nazionale della CGIL accanto a Giuseppe di Vittorio. Nel 1964 fu dirigente del PSIUP. Dal 1969 collaboro con il Manifesto. In seguito entrò in Democrazia Proletaria, per poi ritirarsi all'insegnamento con una cattedra di Storia contemporanea sino a quando, nel 1987 fu eletto senatore come indipendente nella lista del PCI.
In una sua intervista per Il Messaggero dell'agosto 2006 dichiara: «Sarebbe ora di finirla con questa damnatio memoriae per cui la storia del Novecento ruota intorno ai comunisti, agli ex comunisti e ai comunisti o filocomunisti pentiti. C'è una grande storia che è stata rimossa: quella degli antitotalitari democratici e liberali - anticomunisti e antifascisti - che non hanno avuto bisogno di rivelazioni tardive, di omissioni generalizzate e di compiacenti assoluzioni».
Di questa grande storia rimossa fanno parte, a pieno titolo, i federalisti europei. Sta a noi, con orgoglio e senza timore dello scandalo, rinnovare gli ideali in propositi, i valori in precisi obiettivi politici.
Campoleoene, 28 ottobre 2008
(1) Vittorio Foa, Il cavallo e la torre, Torino, Einaudi, 1991, p.129, 130
Nessun commento:
Posta un commento