venerdì 5 dicembre 2008

Europa e Partito Democratico. Non un ostacolo ma un’opportunità

Campoleone, 19 ottobre 2006

La collocazione europea del Partito Democratico nelle tradizionali famiglie politiche è un falso problema. I partiti europei non esistono in quanto non hanno una programma condiviso. Il Partito Democratico dovrebbe avere l’ambizione di favorire LA scomposizione e ricomposizione dei gruppi parlamentari europei su un comune programma per un’Europa unita, forte, credibile e soprattutto capace di agire.

Uno degli ostacoli che si frappongono alla costituzione del Partito Democratico sembra essere presente nell’emiciclo Bruxelles. Dove collocare il partito in ambito europeo? Può mai aderire al gruppo del Partito socialista europeo? E le componenti popolari del nuovo partito potrebbero mai esprimere il proprio consenso? L’Europa può essere un macigno su cui far deragliare il treno che conduce alla costituzione del nuovo soggetto politico? Qualcuno forse lo spera, altri pongono una questione che non è per nulla peregrina tanto più che, come annunciato recentemente da Romano Prodi, il primo appuntamento cui far partecipare il Partito Democratico, sarà l’elezione per il Parlamento europeo del 2009. Ma siamo proprio sicuri che la dimensione europea del Partito Democratico non solo non sia un ostacolo, ma un’opportunità più unica che rara nel panorama politico del vecchio continente per costruire il primo, vero, partito europeo? Non è possibile che il tentativo di sottolineare l’importanza delle radici politiche, nasconda l’incapacità di immaginare e di governare il presente ed il futuro?

Prima di formulare possibili risposte sarà bene ricapitolare sommariamente natura e funzioni dei partiti politici a livello europeo. L’articolo 191 del trattato Ue recita” I Partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per l’integrazione in seno all’Unione. Essi contribuiscono a formare una coscienza europea ed ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione. Inoltre l’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel garantire la libertà di associazione, in campo politico, sindacale e civico, afferma che “i partiti politici a livello dell’Unione contribuiscono ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione.”. Affermazioni solenni, come non condividerle.

E i partiti politici europei dove sono e soprattutto cosa fanno? Proviamo, con pazienza, a seguirne le tracce. Il Parlamento europeo è organizzato al suo interno in gruppi politici in cui si riuniscono i deputati in base alle loro affinità politiche (minimo 19 deputati di 5 Stati membri). Nel Parlamento europeo sono presenti rappresentanti di 122 partiti politici nazionali raggruppati in 8 gruppi politici e 7 partiti politici europei.
1) Gruppo del Partito popolare europeo e dei Democratici europei (PPE/DE). Il Partito popolare europeo (PPE) di ispirazione cristiano- democratica e conservatrice è stato fondato nel 1976.
2) Gruppo del Partito Socialista Europeo (PSE). Il partito è stato fondato nel 1992 e ne fanno parte trenta partiti politici nazionali di ispirazione socialista, socialdemocratica e laburista. E’ associato all’internazionale socialista.
3) Il Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa (ALDE/ADLE) riunisce due partiti europei. Il Partito Democratico Europeo (PDE) e il Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori (PELDR). Il PDE, che nel 2004 ha tra i suoi fondatori anche Francesco Rutelli, riunisce alcuni partiti democratici-cristiani e centristi europei, che si richiamano fortemente agli ideali europeisti e ai valori di pace, libertà, democrazia, solidarietà. Il PELDR nasce nel 2004 e riunisce i partiti europei che fanno riferimento a comuni ideali liberali e democratici.
4) Gruppo Verde/Alleanza Libera Europea (Verdi/ALE). Anch’esso riunisce deputati di due partiti politici. Il Partito Democratico dei Popoli d'Europa - Alleanza Libera Europea (ALE), che raggruppa diversi movimenti che sostengono la politica dell'indipendenza e di devoluzione o di auto-governo per la propria regione, ed il Partito Verde Europeo, nato nel 2004, di aspirazione ambientalista ed ecologista.
5) Il Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL) riunisce i deputati del Partito della sinistra europea, nato nel 2004 per opera di Fausto Bertinotti. Vi aderiscono deputati ex e post comunisti e dell’Alleanza della Sinistra Verde Nordica (NGLA) che non ha lo status di partito politico europeo.
6) Gruppo Indipendenza/Democrazia (IND/DEM). E’ un gruppo politico che raccoglie i deputati che fanno riferimento alla matrice autonomista, indipendentista e federalista/nazionalista. Ne fanno parte i leghisti italiani.
7) Gruppo Unione per l'Europa delle Nazioni (UEN) è un gruppo politico che raccoglie i deputati che fanno riferimento a valori d'ispirazione nazionalista e di destra. Ne fanno parte i rappresentati di Alleanza Nazionale.
8) Gruppo dei non iscritti

Come abbiamo potuto vedere i partiti politici europei non sono altro che l’emanazione dei gruppi parlamentari che nel tempo si sono costituiti all’interno del Parlamento europeo, ma sono anche veri e proprio collettori di finanziamenti pubblici comunitari. Vediamo come e perché. I gruppi parlamentari hanno tradizionalmente garantito le risorse finanziarie alle formazioni politiche a carico del bilancio del Parlamento europeo. La Corte dei Conti europea ha ritenuto irregolare la prassi di finanziamento per mancanza di base giuridica. Il Consiglio europeo di Nizza del 2001 ha posto rimedio aggiunto un comma all’art. 191 del Trattato Ue che recita “Il Consiglio deliberando secondo la procedura di cui all’art. 251 (a maggioranza) determina lo statuto dei partiti politici a livello europeo e, in particolare, le fonti del loro finanziamento”. Risolta la questione della base giuridica, nel 2003 è adottato il Regolamento (CE) n. 2004/2003 relativo allo statuto ed al finanziamento dei partiti politici a livello europeo. In esso si stabilisce che un partito politico europeo, per essere riconosciuto e ottenere il finanziamento, deve essere rappresentato in almeno un quarto degli Stati membri da deputati al Parlamento europeo o da deputati dei parlamenti nazionali o delle assemblee regionali o, in alternativa, esso deve aver ottenuto in almeno un quarto degli Stati membri un minimo del 3% dei voti alle ultime elezioni europee. Con questo regolamento è stata formalizzata l’idea che i partiti europei, diversamente dal ruolo previsto per i partiti politici nelle Costituzioni nazionali, dove essi sono espressione della società civile e non emanazioni dello Stato, sono invece subordinati ai Trattati e alle istituzioni dell’Unione europea. E’ il Parlamento europeo che ne approva l'esistenza, che giudica se il loro Statuto è conforme o no ai principi e ai Trattati su cui si fonda l'Ue riguardo libertà, democrazia, diritti umani e norme di legge, e che può quindi, in casi limite, deciderne lo scioglimento. Occorre notare che il diritto di eliminare un partito per decisione di un Parlamento è una inquietante novità nella democrazia liberale.

I partiti europei non solo non esistono come entità politiche percepite dagli elettori, ma rappresentano un mosaico incoerente, formato da un coacervo di partiti politici nazionali. Sulla politica estera sono filoamericani i popolari spagnoli, antiamericani quelli francesi. Sulla Costituzione europea sono favorevoli i socialisti italiani, contrari quelli francesi. Ma l’esempio supremo della sostanziale inesistenza dei partiti politici europei ci è fornito della nomina, nel 2004, del Presidente della Commissione europea, Manul Durao Barroso e dei suoi 24 commissari. Il Parlamento europeo ha dovuto esprimere la propria fiducia al presidente ed ai Commissari e ci saremmo aspettati che avesse fornito indicazioni sulla scelta dei nomi sulla base delle indicazioni provenienti dai gruppi politici e dai partiti di riferimento europei. Assolutamente no! Il Ppe e il Pse si sono divisi al loro interno sulla candidatura alla presidenza. I popolari francesi erano per il liberale Verhofstad, i laburisti inglesi per il popolare Barroso. Non si è scelto per idee politiche, ma solo per provenienza geografica. La Germania ha difeso” Gunter Verheugen commissario all’industria, la Francia Jacques Barrot ai Trasporti, la Spagna Javier Solana per la carica di Mister Pesc, L’Italia ha tentato, senza successo, di difendere Rocco Buttiglione. I partiti europei hanno assistito all’esibizione muscolare dell’interesse nazionale senza battere ciglio, dimostrando così tutta la loro incoerenza ed inconsistenza politica.

Il Partito Democratico non dovrà pensare a dove collocarsi tra i gruppi ed i partiti europei oggi esistenti, ma raccogliere la sfida e contribuire a creare il primo, vero partito europeo con i seguenti obiettivi programmatici: definizione di una politica di integrazione sulle basi del federalismo europeo, che sappia coniugare realismo alla chiarezza dell’obiettivo finale da raggiungere, l’unione politica del continente su basi statuali; elaborazione di una strategia economica per il governo europeo della moneta e del mercato unico che, pur tutelando il modello del welfare europeo, sappia rispondere con scelte innovative alle sfide della globalizzazione; Politica estera e di sicurezza comuni non più di natura puramente intergovernative, ma inserita a pieno titolo nel quadro comunitario, su basi di equal partnership con gli americani. Il Partito Democratico potrà fare gruppo al Parlamento europeo con chi condividerà queste scelte a prescindere dalle famiglie politiche di origine, contribuendo a creare non uno dei tanti inconsistenti partiti europei, ma il partito dell’Europa. Potrà associarsi con parlamentari provenienti dalla tradizione socialista, popolare e liberale di altri stati membri che condividono il suo programma. Perché mai dovrebbe essere scandalo ideologico in Europa quello che non è scandalo ideologico in Italia? Verrebbe così favorita un salutare scomposizione e riposizionamento delle famiglie politiche europee non in base alle origini dichiarate ma agli obiettivi realmente condivisi. Il miglior modo per onorare le comuni origini europeiste del cattolicesimo democratico, del socialismo riformista e del liberalismo solidarista senza guardare al passato, ma avendo la volontà e l’ambizione di governare il futuro.

Nicola Forlani

Campoleone, 19 ottobre 2006

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