sabato 6 dicembre 2008

Pasticci referendari

Campoleone, 4 gennaio 2007

Di tanto in tanto riaffiora nel dibattito europeo l’idea di un referendum consultivo per la ratifica del trattato costituzionale emendato da celebrarsi in occasione delle elezioni europee del 2009.

Attualmente l’istituto referendario non è contemplato nei trattati vigenti. L’unica possibilità concreta troverebbe conforto in una sorta di dichiarazione solenne in cui i 27 capi di stato e di governo si impegnino unanimemente alla ratifica nazionale per via referendaria da tenersi in occasione delle elezioni del 2009. In pratica ci troveremmo di fronte a 27 referendum consultivi nazionali che, per il sol fatto di tenersi nello stesso giorno, trasformerebbero la ratifica da nazionale in europea.

Tra l’altro, molti si ostinano a chiamare costituzione il trattato emendato e solo la semiotica comunicativa potrebbe illuminarci sul perché utilizzare un termine di così alta significazione per definire un testo che risponde alla più mediocre, anche se improcrastinabile, esigenza di rendere governabile l’Unione dopo l’allargamento ad est.

Orbene, per procedere alla ratifica referendaria, la stragrande maggioranza degli stati membri dovrebbe introdurre nuove norme legislative nei propri ordinamenti nazionali. L’Italia, in particolare, dovrebbe prevedere norme di rango costituzionale così come fatto per il referendum di indirizzo sul potere costituente al Pe, svoltosi nel 1989 (Legge cost. 1/89).

In questo caso però l’istituto referendario non sarebbe più occasionale, come per l'89, ma potrebbe prevedere una modifica permanente della costituzione italiana in tema di ratifica dei trattati internazionali e l’introduzione di un articolo europeo sul modello della costituzione, francese, tedesca, ecc.

Attualmente la questione è disciplinata implicitamente dall’art. 11 sulle limitazioni di sovranità per i trattati finalizzati a salvaguardare la pace, ed esplicitamente con l’art. 80, che dispone l’autorizzazione parlamentare alla ratifica e dall’art. 87 sui poteri del Presidente della Repubblica.

Per completezza è opportuno ricordare che l’art. 75 non ammette il referendum abrogativo sui trattati internazionali stessi, articolo, che, nell’ipotesi di modifica, dovrebbe contenere un nuovo comma sui referendum consultivi.

Ovviante il nostro paese, per poter procedere alla ratifica per via referendaria in occasione delle elezioni europee della primavera del 2009, dovrebbe adottare la nuova norma costituzionale entro la fine del 2008. La relativa proposta di legge costituzionale dovrebbe essere presentata al massimo per settembre del 2007, sperando che in 12/16 mesi sia possibile concluderne l’iter legislativo, stante la doppia lettura successiva a distanza non minore di 3 mesi (art. 138).

Va da se che a questo punto la dichiarazione solenne dei 27 capi di stato e di governo, che si impegnano alla contemporanea ratifica referendaria, dovrebbe essere sottoscritta al massimo entro i prossimi 6/8mesi. Da aggiungere, infine, che qualora la legge costituzionale italiana non fosse approvata con la maggioranza dei due terzi, nella seconda votazione, da ciascuna delle Camere, la legge stessa che introduce il referendum consultivo in tema di trattati internazionali potrebbe essere sottoposta ad un referendum popolare confermativo.

In un caso del genere, dando per scontato che gli italiani votino si alla modifica della costituzione, la promulgazione delle nuove disposizioni costituzionali slitterebbe a non prima del 2010.

Questo è il ginepraio giuridico/legislativo in cui si andrebbe a collocare, nel già fibrillante dibattito politico italiano, il tema della possibile adozione di strumenti referendari in materia di Europa. Immaginare cosa avverrebbe negli altri stati membri lascerebbe impietrite anche le più acrobatiche menti.

Nicola Forlani

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